mercoledì 29 luglio 2009

"Into The Wild", "Grizzly Man" e "I diari della motocicletta".

I tre film che ho indicato nel titolo gli ho visti di recente e offrono riflessioni sul tema del viaggio, della fuga dalla società e della solitudine come scelta di vita. Molti di voi gli avranno visti, si tratta di film usciti di recente con un’ampia diffusione. I film sono: Into the Wild, Grizzly Man e I diari della motocicletta. Son tre film che hanno in comune il fatto di essere basati su vicende e persone realmente esistite, che pongono la natura e le sue manifestazioni quasi come personaggio a sé, determinante nella riuscita e nella bellezza della pellicola. Tre film che rendono a pieno se visti al cinema, con schermi molto grandi (varrebbe per tutti i film, ma in questi in particolare).

Più che parlare dei film parlerò delle vicende rappresentate, delle scelte che i personaggi hanno compiuto e di ciò che possono significare per noi.

Into The Wild è la ricostruzione della storia di Christopher Johnson McCandless, conosciuto anche come Alexander Supertramp. La sua è la storia di un viaggio durato due anni, tra gli Stati Uniti e il Messico del Nord e finito tragicamente nel 1992 in Alaska.

Grizzly Man è un documentario basato sulle 100 ore di riprese che Timothy Treadwell ha eseguito durante le tredici estati trascorse tra gli orsi Grizzly dell’Alaska. La sua storia finisce nel 2003, quando viene sbranato da un orso.

I diari della motocicletta è la ricostruzione del celebre viaggio nell’America del Sud intrapreso dal giovane Ernesto “Che” Guevara e dall’amico Alberto Granado.

Grizzly Man e Into The Wild sono molto più vicini tra di loro rispetto a I diari della motocicletta. Hanno innanzitutto in comune l’ambientazione: la magica Alaska. Poi la fine tragica dei protagonisti. Il primo è però un documentario, il secondo una ricostruzione. Into The Wild ha invece in comune con I diari della motocicletta il tema del viaggio “on the road”, aspetto che in Grizzly Man è molto più attenuato.

Quello che più mi ha interessato è il fatto che tutti e tre i film presentano scelte di vita radicali, gesti esemplari e ricchi di senso. La scelta di Chris McCandless è quella di isolarsi dal mondo civile, fatto di bisogni per lui fin troppo esteriori da poter essere messi al primo posto nella sua scala delle priorità. Sceglie di andarsene, di mettersi in viaggio e stabilirsi in un luogo isolato e ostile. Timothy Treadwell compie la stessa scelta: per un periodo dell’anno taglia i ponti con il mondo e va a vivere solo con gli orsi (poi in realtà lo seguirà la sua compagna, che morirà con lui). Ernesto Guevara e Alberto Granado partono per un lungo viaggio a bordo di una motocicletta scassata. Si abbandona la propria terra per inoltrarsi nell’ignoto di un’esperienza che segna profondamente e che è carica di un alone direi mistico. Come non pensare a San Francesco quando McCandles si spoglia di tutti i suoi averi e dona i suoi 24.000 dollari di risparmi all’Oxfam International. Treadwell tenta di stabilire un rapporto del tutto inedito con la natura e gli orsi, vorrebbe essere uno di loro e alla fine viene divorato e questa morte ha il senso di un sacrificio, di un rito.

Esperienze di viaggio del genere sono completamente diverse da come siamo abituati ora a viaggiare: andiamo all’aeroporto per prendere un aereo che ci porta direttamente da un punto A a un punto B del globo terrestre. Dopo aver visitato il punto B seguendo gli itinerari turistici riprendiamo l’aereo per tornare nel punto A e molestare parenti e amici con le foto della gita (non chiamiamola viaggio). C’è poi il particolare delle cartoline che arrivano dopo il corpo di chi le ha spedite, sono totalmente inutili.

Per Ernesto Guevara la lettera era l’unico modo per comunicare con la famiglia. Il viaggio “on the road” è di tutt’altra natura. Si lotta per sopravvivere in un continuo sprezzo per la salvaguardia del proprio corpo. La meta da raggiungere è ad ogni passo, ad ogni palmo di terra calpestato. La meta è nel tragitto.

Un altro aspetto fondamentale è la scelta della solitudine. McCandless non cerca un compagno di viaggio. Taglia completamente i ponti con gli amici e la famiglia. Stringe solo brevi e intense amicizie con chi incontra per strada. La sua vita è nel viaggio. Treadwell è solo con gli orsi…come a voler suggerire che quelle bestie feroci sono migliori degli uomini.

Scelte di vita del genere e viaggi del genere erano frequenti in passato, basti pensare alla generazione beat e a Kerouac. Per non parlare dei viaggi incredibili dei naturalisti dell’800, Darwin primo fra tutti.

Ora sono pochi capaci di imprese simili. Il viaggio deve essere comodo. Vorrei ricordare che esistono dei treppiedi che ti reggono la busta dell’immondizia quando sei in campeggio…non si fa prima a starsene a casa?

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7 commenti:

  1. bellissimo post uno tra i tuoi migliori. visto into the wild proprio qualche giorno or sono, e debbo dire mi ha toccato molto piu' in profondo di quanto pensassi (in senso metaforico accidenti!). mi sono sentito e tutt'ora mi sento in mimesi con le sue gesta e i suoi ideali di libertà assoluta.
    l'uomo orso non ho avuto modo e spero di recuperare. mentre i diari, visto anni fa, rimane tutt'ora uno strepitoso manifesto e ritratto di un altro incredibile viaggiatore e Uomo.

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  2. grizzly man è uno dei film più interessanti degli ultimi tempi...sembra una ricostruzione fatta da herzog tanta è la cura e bellezza delle immagini, invece si tratta dei filmati girati realmente da treadwell...consiglio di prenderlo in dvd per l'ampiezza dei contenuti speciali...c'è anche un lungo commento di enrico ghezzi alle immagini...

    grazie per i complimenti

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  3. "i diari della motocicletta" e "Into the Wild", visti e rivisti, sono davvero due ottimi film...
    ..."Grizzly man" non l'ho visto, ma provvedo a cercarlo...

    a presto!!!

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  4. in videoteca si trova tranquillamente...ripeto che conviene il dvd,nei contenuti speciali c'è anche un servizio sulla registrazione delle musiche

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  5. Questo tipo di viaggi mi hanno sempre affascinato. Da giovanissimo, ai tempi dell'università, partii due volte senza tempi certi di ritorno. In Marocco mi persi in mezzo alle montagne (non c'era da scherzare: sete e freddo di notte).
    Quando ho visto Into the Wild, mi sono commosso; mi è ritornato in mente quell'episodio che per me finì bene. E' un film magico, con una colonna sonora strepitosa. La filosofia di Supertramp era un po' anche la mia...poi con l'età si scende a compromessi. Ma lo spirito in fondo resta quello.

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  6. Personalmente avevo inteso il senso del viaggio anche come allegoria della condizione esistenziale. Specialmente in Into the Wild: il distacco dalla famiglia, la crescita, l'incontro...
    Inoltre la visione espressa in Grizzly Man e in Into The wild è estremamente pessimista: si conclude alla fine in un fallimento, come se l'uomo di oggi non riuscisse a liberarsi e a tornare ad uno stato libero di natura. Tu che pensi?
    Ah cmq mi piace molto il tuo blog, sei veramente preparato. Bravo!

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  7. A black rabbit: condivido pienamente la tua opinione sulla visione pessimista di Into the wild: sembra tutto un'esaltazione alla libertà..mentre, per come finisce, risulta esserne solo una derisione a coloro che mirano e puntano ad un livello successivo, più profondo.
    Un deterrente.

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