venerdì 30 gennaio 2009

In realtà fu Zenone di Elea il primo a parlare di cinema.

In uno dei suoi quattro argomenti con cui il filosofo Zenone (V sec. a.c.) intendeva prendere le difese di Parmenide, si può leggere una bellissima metafora del Cinema.

L'argomento in questione è quello della freccia.

Nel volume I, tomo A del manuale di filosofia del liceo (Abbagnano-Fornero, II edizione, pag 63) si può leggere:

“la freccia che appare in movimento è in realtà immobile: difatti essa occuperà ad ogni istante soltanto uno spazio determinato, pari alla sua lunghezza; e poiché il tempo in cui essa si muove è fatto di infiniti istanti, per ognuno di questi istanti, e per tutti, la freccia sarà immobile. […] il moto risulta impossibile, poiché da una somma di mobilità e di istanti fermi in se stessi non può risultare qualcosa di diverso, cioè il movimento.”

Che Zenone parlasse di cinema è ovviamente solo una provocazione, che serve però a stimolare un’interessante riflessione. Che cos’è il cinema se non una grande beffa? O più educatamente: una grande illusione?

Il movimento delle immagini sullo schermo è solo illusorio, perché si basa su un limite della percezione visiva umana (a livello cerebrale). Quell’apparente fluire di immagini è in realtà una sequenza di fotogrammi, che occupano uno spazio e un intervallo di tempo precisi. La velocità di riproduzione di quei fotogrammi determina l’illusione del movimento. Questo fenomeno è meglio noto come persistenza della visione.

Questa sotterranea corrispondenza tra un filosofo di 2500 anni fa e una tecnica del XX secolo mi pare, se non interessante, almeno simpatica.

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