venerdì 15 maggio 2009

Il seme della follia di John Carpenter.

Il seme della follia è un film horror del 1994 di John Carpenter. Ne parlo perché si inserisce nella tematica della confusione tra realtà e finzione che è stato il filo rosso di una serie di film che ho trattato in precedenza (alla fine dell’articolo ci sono i link ai rispettivi articoli). Quindi aggiungiamo un tassello al nostro percorso cinematografico con un film molto intelligente che attraverso il genere horror, caro a John Carpenter, propone inquietanti interrogativi  a proposito della società in cui viviamo, sempre più dipendente dallo spettacolo. Vi è inoltre una interessante riflessione sulla pazzia.

Il protagonista del film Il seme della follia (tradotto male, in inglese sarebbe In the Mouth of Madness) è il detective Trent (Sam Neill), specializzato nello scovare le truffe ai danni delle assicurazioni. Trent viene incaricato di scoprire che fine abbia fatto lo scrittore Sutter Cane, autore di grande successo (vende più di King) che scrive romanzi horror che fanno letteralmente impazzire i lettori. Si pensa che la scomparsa di Sutter Cane non sia altro che una trovata pubblicitaria per la promozione del prossimo romanzo. Il detective Trent si trova cosi in una sconosciuta cittadina, Hobb’s End. In breve si trova a vivere in una vera e propria storia horror da cui sembra impossibile fuggire, o un incubo da cui è impossibile svegliarsi. Si tratta infatti del romanzo di Sutter Cane che è diventato realtà.

Ma tutto accade nella mente di Trent che come tutti i lettori del romanzo sono stati contagiati e impazziti vanno in giro ad ammazzare il prossimo, fino probabilmente all’autodistruzione.

Questo film si presenta quindi come una grande critica alla società dello spettacolo perché come dice lo stesso Sutter Cane, la sua intenzione è di “far sì che la gente perda il senso di cosa sia la realtà e cosa l'irrealtà”. Infatti a causa della lettura dei suoi romanzi la gente comincia a  comportarsi come se fosse protagonista di un film dell’orrore e imbracciando un’ascia inizia a fare a fette chi si trova davanti. La realtà si confonde con la fantasia in un apocalittico progetto di distruzione dell’umanità.

Se si fa una semplice considerazione, Il seme della follia non è poi tanto lontano dal mondo in cui viviamo: se un individuo passasse gran tempo della sua giornata davanti ad una tv, la realtà proposta sarebbe a tutti gli effetti quella vissuta e il confine che la separa da quella che comunemente prendiamo per vera, si assottiglierebbe fino a scomparire. Cosa accadrebbe se tutto il vissuto di una persona si svolgesse attraverso i media? Non è impossibile perché si può lavorare via internet, si può fare la spesa via internet, si può noleggiare un film, fare incontri… a questo punto credo di poter affermare che quando abbiamo un qualsiasi contatto fisico con una persona possiamo dirci: “Questa è realtà”.


Leggi anche:

"eXsistenZ" di David Cronenberg, realtà o videogame?

"Vanilla Sky" di Cameron Crowe: sogno o realtà?

"The truman Show", il grande fratello.

"Matrix": pillola azzurra o pillola rossa?

Continua a leggere e lascia un commento...

martedì 12 maggio 2009

La nascita del cinema erotico. I nudi femminili di Johann Schwarzer.

Sono passati da poco appena dieci anni dalla nascita del cinema ed ecco che già se ne trae occasione per stimolare la curiosità del pubblico mostrando donne nude. Tra il 1906 e il 1910 sono stati girati i primi film erotici della storia del cinema. Ho trovato quattro brevi documenti che testimoniano questo esordio e gli ho pubblicati nella sezione video di questo blog. Ovviamente verranno debitamente linkati in questo articolo. L’autore di questi brevi filmati è Johann Schwarzer, fotografo viennese.

Johann Schwarzer era un fotografo che ritraeva bambini e gruppi famigliari, ma anche nudi femminili e nel 1906 intuisce che il cinema può  essere un ottimo mezzo economico se sfrutta il versante erotico. Fonda così la Saturn e realizza fino al 1910 diverse pellicole che hanno come principale oggetto dei nudi femminili.

Queste pellicole si affermano subito e iniziano a circolare fuori dai confini Austriaci, conquistando il mercato europeo, Statunitense e Giapponese. Ma attirano anche molte polemiche e furiose proteste: il suo studio viene perquisito e le pellicole distrutte. Johann Schwarzer riprende il mestiere di fotografo per poi morire in guerra nel 1914.

 Alcune di quelle pellicole si sono salvate e rappresentano documenti un po’ buffi se paragonate alle immagini che scorrono liberamente ogni giorno nelle nostre televisioni. Questi filmati mostrano per lo più il lato giocoso e birichino della sessualità. L’uomo è sempre rigorosamente vestito e solo le donne mostrano le loro naturali bellezze.

Clicca per vedere i filmati di Johann Schwarzer.

Continua a leggere e lascia un commento...

lunedì 11 maggio 2009

Nasce il Blog su Repubblica.it Post Teatro, di Anna Bandettini.

Volevo segnalare la nascita di un blog d'autore sul teatro nella sezione dei blog del giornale online Repubblica.it. Il titolo è Post Teatro ed è gestito da Anna Bandettini, giornalista di Repubblica. Riporto la prima parte del post di inaugurazione del blog:


L’anima buona del teatro

"Inizia oggi questo blog dedicato al teatro che, al contrario della musica, del cinema e non parliamo della tv, evoca nell’immaginario di noi tutti, di volta in volta, un’arte elitaria, un luogo di noia, al più di mondana routine, talvolta stranezze.
Quello che so, frequentando i teatri da molti anni, è che il teatro conta su un consenso popolare molto maggiore rispetto a quello che si crede e ha un valore sociale più consolidato, profondo, reale di quello che appare anche dai giornali". continua...

Continua a leggere e lascia un commento...

domenica 10 maggio 2009

Analisi e interpretazione del dramma La serra (The Hothouse) di Harold Pinter

Harold Pinter scrisse La serra nel 1958, la mise da parte per poi riprenderla nel 1979, decidendo che era il caso di metterla in scena, dopo opportune modifiche. La serra fu rappresentata per la prima volta il 24 Aprile del 1980 all’Hampstead Theatre con la regia dello stesso Pinter. In questo articolo propongo un'analisi approfondita e alcune considerazioni di carattere interpretativo di un opera secondo me straordinaria.

Personaggi.

L’opera conta di sette personaggi, due dei quali sono però marginali.

Roote è il direttore della struttura in cui ha luogo l’azione e ne rappresenta per così dire la terza generazione: prima di lui un suo predecessore di cui non viene reso noto il nome e prima ancora Mike, il fondatore, di cui è stata eretta persino una statua in quanto ritenuto una sorta di divinità, tanto da sostituirsi a Dio nell’invocazione:”per l’amor di Mike”  .

Pinter ha dipinto in modo stupefacente questo personaggio, la cui discrepanza tra l’immagine che vuole dare di sé, e ciò che realmente è, risulta incolmabile.

Sin dal dialogo iniziale con il suo diretto assistente Gibbs, si dimostra molto fragile sebbene tenti di costruire una forte immagine di sé, ritenendosi una sorta di superuomo che vede attraverso le pareti grazie alle sue nozioni di fitotomia, dall’indiscussa virilità e che ha passato la sua gioventù a “riflettere per esempio su tutte queste sciocchezze sulla terra che gira”, considerate “cazzate”: “se la terra girasse cadremmo da tutte le parti”, per usare le sue stesse parole.

Il tentativo di costruzione della sua identità  fallisce in ogni occasione. Roote è un tipico personaggio pinteriano a cui non crediamo minimamente, un perfetto narratore inattendibile.

Risulta non credibile anche quando tenta la costruzione di un suo fantastico passato con le donne: “Le donne, le ho conosciute tutte. Le ho mai raccontato di quella vestita di blu? Era una spia vestita di blu. L’ho conosciuta a Casablanca […]Il suo ventre era ricoperto da un pellicano[…]”. La sua fervida immaginazione gli conferisce una leggera nota di infantilismo.

Ciò emerge soprattutto nel confronto con Gibbs, che sin dal primo dialogo si dimostra di gran lunga più efficiente e meticoloso. Con placido asservimento sottolinea gli errori di Roote, capace di dimenticare ciò che accade nel suo istituto, come nel caso della morte del 6457, in cui chiede a Gibbs:”Perché non mi è stato riferito?”, Gibbs risponde:”Ha firmato lei il certificato di morte, signore”.

Cutts è l’unica donna, fa parte del personale medico ed è amante di Roote.

E’ alla continua ricerca di certezze, della conferma della sua identità di donna: infatti chiede più volte a Roote se la ritiene abbastanza femminile.

Lamb fa parte del personale subalterno, è arrivato da poco e la sua mansione è quella di controllare tutte le serrature. E’ il più isolato, come egli stesso afferma nella seconda scena del primo atto in un dialogo con Cutts:”Non mi sono ancora abituato a questo posto […] non sono riuscito a legare con gli altri”. Crede velleitariamente di poter effettuare una scalata gerarchica all’interno della struttura.

Viene accusato di aver messo incinta il numero 6459.

Tumb è un altro subalterno di scarsa rilevanza e Lobb è il direttore del ministero.


Struttura

L’opera è strutturata in due atti, ciascuno suddiviso in scene individuabili attraverso lo spostamento del luogo dell’azione evidenziato dallo spegnersi e accendersi della luce. In particolare è possibile suddividere il primo atto il sei scene e il secondo in quattro.

La scena risulta suddivisa in cinque diversi ambienti: l’ufficio di Roote, una scala, un soggiorno, una stanza insonorizzata e l’ufficio di Lobb al ministero. L’azione che si svolge nell’ufficio di Lobb rappresenta però un epilogo, che probabilmente si svolge in un intervallo di tempo relativamente più lontano rispetto a tutto il blocco precedente che si svolge negli altri ambienti nel corso di una sola giornata.

E’ interessante considerare il passaggio tra la seconda e la terza scena e tra la quinta e la sesta del primo atto. La prima scena presenta un dialogo tra Roote e Gibbs; buio sull’ufficio di Roote, luce sul soggiorno in cui si svolge il dialogo tra Lamb e Cutts (seconda scena). Poi si ritorna con la stessa tecnica nell’ufficio e il dialogo tra Roote e Gibbs riprende dallo stesso punto in cui si era interrotto, come indica la didascalia. Una sorta di montaggio parallelo quindi, in cui la prima e la seconda scena si svolgono contemporaneamente. Nel passare dalla quinta alla sesta scena invece, Pinter suggerisce la tecnica del montaggio continuo in quanto Lamb e Cutts passano dalle scale alla stanza insonorizzata come se fossero due inquadrature poste in continuità.

In questi due casi Pinter dimostra la sua forte vena cinematografica.

 

Ambientazione.

Il luogo è di difficile definizione in quanto diversi personaggi (di cui spesso è difficile fidarsi) ci danno notizie contrastanti sulla natura dell’istituzione diretta da Roote. E’ interessante il modo in cui Pinter svela il mistero progressivamente.

 Una prima indicazione ci viene offerta dallo stesso direttore che, riferendosi agli ospiti della struttura afferma:”Dopotutto non sono mica dei criminali. E’ solo gente che ha bisogno di aiuto”. Sembrerebbe quindi legittimo escludere il caso di un carcere o di un luogo coercitivo. Però poi veniamo a scoprire che gli “ospiti” (a questo punto mi sento in dovere di usare le virgolette), sono in realtà reclusi in quanto Lamb, addetto alle serrature, afferma:”Devo controllare che tutti i cancelli esterni siano chiusi dall’interno e che tutte le porte dei pazienti siano chiuse dall’esterno”. Le stanze dei pazienti risultano essere delle vere e proprie celle.

Altre indicazioni ci suggeriscono che la struttura è molto grande in quando Lamb afferma di impiegare “circa due ore e sei minuti per controllare tutti i cancelli” e inoltre i numeri con cui sono indicati i pazienti sono molto alti: 6457, 6459. L’utilizzo dei numeri è un fattore che denuncia in modo abbastanza esplicito la condizione di sottomissione dei pazienti. Risulta quindi accertato l’aspetto coercitivo.

Ma in un dialogo con Gibbs, Lush afferma:”Questa è una casa di riposo”.

Alla fine del primo atto compare una macchina per effettuare l’elettroshock, lasciando ad intendere che ci troviamo in un ospedale psichiatrico.

Nell’impossibilità di porre fede nelle parole dei personaggi che, come accade in tutti i lavori di Pinter, sembra non dicano mai cose credibili, è opportuno affidarci a questo dato oggettivo, direi fisico (la presenza dell’elettroshock è pressoché indiscutibile) per comprendere la natura del luogo in cui si svolge l’azione.

Un altro dato importantissimo che descrive la condizione dei pazienti è che i medici hanno rapporti sessuali con tutti loro, in modo tuttavia legittimo perché, come dice Roote:”Se un membro del personale medico decide che, per il bene del paziente, sono necessari un certo numero di coiti, beh, è come prendere due piccioni con una fava! Non fa male a nessuno”

L’istituto rappresenta quindi un potere coercitivo ed estremamente conservatore come risulta dall’impossibilita di cambiare le cose. Infatti quando Roote si interroga sulla legittimità di usare i numeri, dopo aver detto che “cambiare è nell’ordine delle cose” (correggendosi dopo aver detto:”cambiare è l’ordine delle cose”), afferma che:”Ai pazienti deve essere assegnato un numero e devono essere chiamati con quel numero. Così è e cosi deve rimanene

 

Azione.

La vicenda si svolge durante la giornata di Natale.

Non vi è un vero e proprio intreccio, ma la presentazione di una situazione, con uno colpo di scena finale. Nel primo dialogo tra Roote e Gibbs si viene a sapere che il paziente 6457 è morto, mentre il 6459 è ha avuto un bambino. La cosa sconvolge Roote perché è un fatto mai accaduto prima. Viene accusato Lamb e gli viene perpetuato l’elettroshock.

Roote riceve un regalo per Natale da parte di tutto il personale e gli viene chiesto di fare un discorso. Inizialmente rifugge dal farlo. In seguito, all’improvviso pronuncia il suo discorso, sconvolgente per la sua banalità e normalità.

Nell’ultima scena, Gibbs riferisce al direttore del ministero che tutto il personale medico è stato giustiziato dai pazienti, tranne lui.

 

Interpretazione

Come accade in tutte le opere di Pinter, risulta molto difficile dare un’interpretazione generale all’opera, che è fitta di micro-significati.

E’ presente il tema della coercizione, della violenza, dello sfruttamento fisico dell’individuo, della sua perdita di identità, della ottusità e inefficienza del potere (impersonato da Roote), dell’ambizione sociale (Lamb e anche Gibbs) e della oppressione dei deboli, costretti alla rivolta.

Tutti questi temi sono raramente resi espliciti da Pinter, che dipinge delle situazioni atroci in modo velato, piano, senza esplosioni di violenza. Gli unici atti violenti avvengono tra i membri quasi della stessa posizione: nel caso in cui Roote prende Lush a pugni sullo stomaco.

Le vittime non compaiono mai sulla scena, non abbiamo prove certe della loro esistenza, se non forse quei sospiri e lamenti che si sentono al buio, tra una scena e l’altra, che ne denunciano una presenza piuttosto astratta.

Pinter coglie i personaggi in una loro condizione estrema, quando cioè sta per avvenire un qualcosa di stravolgente. La vicenda è immersa in un’atmosfera di attesa: i personaggi, soprattutto Roote, avvertono che sta per accadere un evento importante, manifestando in modo esplicito questa sensazione: Roote: “Sento odor di catastrofe”; Gibbs: “Qualcosa sta succedendo” e gli esempi potrebbero continuare.

Quella struttura che Roote definisce precisa e retta dalla parola “ordine”, sta inesorabilmente vacillando:”Questa baracca sta andando a pezzi”, afferma egli stesso.

Due elementi scandiscono l’attesa: la rottura dei mezzi tecnici (l’interfono e la macchina da scrivere)  e la mutazione meteorologica: man mano che si prosegue ci sono sempre più riferimenti all’innalzamento della  temperatura. Nell’ufficio di Roote fa sempre più caldo, tanto che lui esclama: “Sembra di stare in un crematorio”. L’alta temperatura finisce per soffocare i personaggi.

Il cambiamento climatico è sottolineato da Lush, che più volte fa notare che la neve è diventata poltiglia.

L’attesa porta ad un evento dalla violenza inaudita:  Roote e Cutts vengono pugnalati nel loro letto, gli altri membri del personale medico verranno chi impiccato, chi strangolato.

Gibbs affermerà che il motivo risiede nell’uccisione del 6457 e nella fecondazione del 6459 da parte di Roote. “Gli altri pazienti non gliel’hanno mai perdonato”

La vicenda, ad un primo livello di lettura, rappresenta la rivolta degli oppressi nei confronti degli oppressori. La conferma è che, secondo il rapporto di Gibbs,  vengono uccisi solo i membri del personale medico, cioè coloro che detengono il potere e che perpetuano la violenza.

Nel tentativo di ricostruire il “non detto”, di cui è fitta tutta l’opera di Pinter, emerge probabilmente un secondo livello di lettura, cioè quello della presa del potere da parte di Gibbs.

A grandi linee: Gibbs, per acquisire la direzione dell’istituto, si sarebbe servito dell’aiuto di Cutts per circuire l’indifeso Lamb, inconsapevolmente possessore di un grande potere (le chiavi), in modo da favorire la rivolta e la conseguente strage. Il simbolo della manipolazione della mente di Lamb sta proprio nell’elettroshock. E’ interessante considerare che Cutts, davanti a Roote, finge di essere in cattivi rapporti con Gibbs. In una scena successiva però, la vediamo intrattenere un dialogo piuttosto intimo con lui, che lascia trasparire una sorta di accordo tra i due ai danni di Roote: Cutts chiede a Gibbs di ucciderlo.

Gibbs avrebbe poi tradito la stessa Cutts, coinvolgendola nel massacro come vittima.

Il piano di Gibbs riesce alla perfezione. In questa direzione è utile riportare la frase di Lobb a Gibbs:”Sarà lei a portare avanti le cose, da adesso in poi”.

In effetti un piccolo indizio premonitore ci viene fornito già nella prima scena: Roote ad un certo punto dice a Gibbs: “Non mi stia troppo vicino. Così mi sta addosso. Cosa c’è?” e ancora:”C’è tanto spazio qui. Perché continua a soffiarmi sul collo?”. Pinter suggerisce in questo modo ciò che avverrà in futuro, attraverso l’invadenza degli spazi di Roote da parte di Gibbs, che costituisce una evidente minaccia.

E’ quest’ultimo un tema fondamentale del dramma e di tutta l’opera di Pinter: la minaccia che si manifesta in molteplici forme.

In modo velato, come nel caso precedente; o in modo più esplicito: nel secondo atto Roote dice a Lush, il quale aveva sputato il suo dolce di Natale:”Le avevo detto che le conveniva stare attento. Conviene a tutti stare attenti”. In altri casi sono le stesse parole che attaccano il personaggio, come nell’interrogatorio di Gibbs e Cutts nei confronti di Lambs, alla fine del primo atto. I due lo sommergono di domande a cui non riesce a rispondere, in evidente posizione di impotenza e inferiorità, una situazione che richiama il terzo grado di Goldberg e McCann ai danni di Stanley in Birthday Party.

In questo modo Pinter affronta i temi della violenza e dell’oppressione senza che essi si manifestino in modo esplicito sul palco, senza inutili e goliardici spargimenti di sangue, la cui mancanza colpisce lo spettatore nel profondo, in modo molto più diretto.

E’ ciò che non viene detto, che non viene mostrato, l’aspetto che affascina maggiormente.

Continua a leggere e lascia un commento...

sabato 9 maggio 2009

Autobiografia di Antonio Petito.

Con questo articolo pubblico un documento per molti versi straordinario: si tratta dell'autobiografia del più grande Pulcinella dell'Ottocento, Antonio Petito. Il nome di questo straordinario attore è già comparso due volte in questo blog, riguardo i suoi scherzi e una sua opera (Francesca da Rimini). Antonio Petito è stato davvero uno dei più grandi attori napoletani e il teatro dei De Filippo deve molto a lui. (Il padre dei De Filippo, Eduardo Scarpetta, ebbe il Petito come maestro). 

Antonio Petito è stato un grande Pulcinella ma veniva elogiato anche per le sue interpretazioni senza maschera, nei panni di Pascariello. Scrisse anche diverse commedie, spesso si trattava di parodie di opere che venivano rappresentate nei teatri seri di Napoli. Ad un certo punto della sua vita scrisse anche una autobiografia. 

Il fatto particolare è che Antonio Petito era quasi analfabeta e sia i suoi copioni, sia l'autobiografia sono documenti molto singolari. Sono completamente sgrammaticati e a tratti difficili da comprendere. Per farvi un'idea dovete immaginare un italiano che scrive in inglese conoscendo la lingua solo a livello del parlato. Infatti Antonio Petito scriveva così come parlava e da un punto di vista i suoi scritti sono interessanti perchè riproducono le pause e i ritmi del suo parlato. Per esempio "l'impresario" divenda "limbresario", "la compagnia" diventa "lacombagnia" e così via. 

La punteggiatura è quasi totalmente assente tanto che spesso è difficile ricostruire i periodi. Ulteriori difficoltà provengono dal fatto che molti nomi di persona (compreso il suo) non hanno l'iniziale maiuscola e il tutto sembra un fluire disordinato di parole. 
Ma le sgrammaticature di questi testi aservono anche a costruire il loro fascino. 

L'autobiografia di Antonio Petito è un evidente tentativo di emancipazione di un artista popolare. Più che un'autobiografia è un continuo elogio della propria arte, un elenco di doni e encomi ricevuti dagli artisti più svariati: compaiono nomi come Salvini, Ristori, Taddei, Tessari, Majeroni...tutti attori importanti nell'Ottocento.

Nel proporvi questo testo ho cercato di facilitare la lettura con l'inserimento di un minimo di punteggiatura solo dove era necessario. Ho inserito le virgolette dove era difficile riconoscere i titoli delle opere citate. Ho cercato di intervenire il meno possibile e comunque ogni intervento è stato evidenziato in rosso.

Un'altro aspetto particolarissimo è che l'autobiografia è scritta in terza persona, come se Antonio Petito parlasse di un'altro.


Leggi gli articoli:

Continua a leggere e lascia un commento...