Antonio Petito è stato il più grande attore napoletano dell’Ottocento. Eduardo Scarpetta, padre dei De Filippo, apprese il mestiere del teatro da lui. Fu un attore ineguagliabile nella maschera di Pulcinella e c’è chi dice che questa maschera sia morta insieme a lui. Come tanti altri attori, tra cui Molière, morì sulla scena, durante uno spettacolo. In questo articolo voglio soffermarmi sui suoi scherzi, finemente orchestrati, ai danni degli attori della compagnia, arrivando perfino a castigare Raffaele Mormone, il proprietario del teatro San Carlino.
Erano scherzi talvolta inauditi, che ci danno preziose informazioni sul rapporto che Antonio Petito aveva con il reale. Era capace di scherzare su tutto, senza censure. Federico Frascani ha colto nel segno quando ha definito questi scherzi “burle atroci”.
Bersaglio preferito era il povero Don Mariano Ruoppolo, il suggeritore. Antonio Petito fu capace di giocare sulla fobia del popolo napoletano provocata dal terribile colera del 1867. Don Mariano Ruoppolo aveva l’abitudine di andare a bere nel camerino di Don Antonio, dove trovava sempre una bottiglia d’acqua fresca. Una sera, mentre erano in scena il De Angelis e il Di Napoli, il povero Don Raffaele iniziò a sentirsi davvero male nella sua buca. Aveva evidentemente dei terribili crampi alla pancia provocati da una qualche sostanza lassativa che Antonio Petito aveva versato nella bottiglia dell’acqua. Ma quando accartocciandosi su se stesso disse: “Aiutateme!...teongo ‘o colera…so morto!”, è facile immaginare il panico che si creò tra gli attori. Ma tutto finì in grosse risate, quando si seppe dei “diece annece ‘e vummetivo” che Antonio Petito aveva messo nella sua bottiglia per fargli “levà ‘o vizio e venì a bevere vicino a’ butteglia”. Quando cacciarono il poveretto dalla sua buca, con un filo di voce disse: “Me dispiace d’o guaio ch’aggio combinato là dinto!...Me dispiace d’ ‘o copione…d’ ‘o tappeto…ma ch’aveva fa?...nun ne putevo cchiù!”.
Come si è detto anche Raffaele Mormone fu bersaglio dei suoi scherzi. Una volta entrando il teatro trovò una schiera di pezzenti di San Gennaro che recitavano il rosario. Chiese cosa significava tutto ciò. Gli dissero che si aspettava il carro funebre. “Perché chi è morto?” “E’ morto Raffaele Mormone…”
Un’altra volta tornando a casa non riusciva a trovare l’uscio in cui infilare la chiave. Antonio Petito, precedendo il Marchese del Grillo, aveva fatto murare l’ingresso della sua abitazione.
Anche lo stesso Scarpetta fu bersaglio di quelle burle atroci. La più terribile fu quella che Federico Frascani definisce come precorritrice del Grand Guignol. Gli attori erano invitati a cena da Antonio Petito. Il primo a presentarsi fu proprio Scarpetta, vestito completamente di bianco. Quando entrò sentì Don Antonio e Donna Teresina che litigavano furiosamente nella stanza accanto. Luigi, il servitore, esclamo: “Sì proprio capitato a nu brutto mumento!”. Pare si sentissero anche dei sonori ceffoni. Ad un certo punto Antonio Petito uscì dalla stanza, livido in volto, dicendo: “L’aggi’ a scanna, comme a nu pecuriello”. Andò in una sgabuzzino in cui conservava alcuni oggetti teatrali e ne uscì con una daga. Rientrò nella stanza, dopo essersi divincolato dalla presa di Scarpetta che cercava di farlo tornare in sé, e si senti Donna Teresina urlare: “Mamma d’ ‘o Carmene, m’ha accisa”.
Luigi esclamò: “Ha fatto ‘o guaio!”.
Quale spettacolo si mostrò agli occhi di Eduardo quando entrò nella stanza! Donna Teresina giaceva in una pozza di sangue. Antonio Petito gli si gettò addosso pregandolo di andare a chiamare il medico, sporcandogli di sangue quel bel vestito bianco che portava. Per le scale Eduardo si accorse di come era conciato, doveva sembrare un macellaio. Rientrò e Don Antonio gli diede una giacca enorme, che poteva contenere due Scarpetta. Eduardo per strada incontrò gli attori che stavano arrivando, trafelato spiegò l’accaduto. Gli attori risposero con una sonora risata.
Quando risalirono le scale e entrarono nel quartierino, trovarono Don Antonio e Donna Teresina che ballavano la tarantella.
Non è difficile immaginare con quale pallore del viso il povero Eduardo seguì, o meglio subì, tutta la scena.
Anche Pasquale De Angelis, un attore della compagnia, era frequente bersaglio di Antonio Petito. La caratteristica principale di questo attore era la pelata, che copriva con un parrucchino fino a quando Petito non glie la strappò dalla testa durante uno spettacolo. Don Antonio non perdeva occasione per sfruttare quel pozzo di ispirazioni per le sue burle. Come quando gli fece credere all’esistenza di una miracolosa pomata francese per far ricrescere i capelli. Dopo una sopraffina e ben congegnata opera di persuasione il De Angelis abboccò e si fece dare una boccetta di quel prezioso liquido. Quando però se la spalmò per bene sulla testa, per poco non prese fuoco. Quella pomata gli provocò una incredibile irritazione che lo costrinse a casa per diversi giorni.
Se si volevano mantenere buoni rapporti con Antonio Petito bisognava saper sopportare le sue stravaganze. Era, per così dire, la stella del San Carlino e sapeva imporre la sua autorità, sebbene con quei modi bonari e scherzosi, ma come si è visto, diabolici. Questi suoi modi, se non fossero stati mitigati da quella leggerezza e apparente ingenuità con cui affrontava il reale, potevano essere senza fallo scambiati per pura cattiveria.
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