martedì 23 giugno 2009

Il teatro simbolista di Aurélien Lugné-Poe.

Gli esperimenti di Paul Fort ebbero un importante seguito negli allestimenti teatrali di Aurélien Lugné-Poe, fondatore, nel 1892, del Théâtre de l’Oeuvre. Lugné-Poe proveniva da esperienze molto variegate che passavano dall’innovazione alla tradizione: nel 1886 fondò un gruppo teatrale dilettantesco, il "Cercle des Escoliers", impegnato nell’allestimento di spettacoli di autori contemporanei e nello stesso tempo frequenta il tradizionale Conservatoire. Partecipa a produzioni del Théâtre Libre di Antoine e al Théâtre d’Art di Paul Fort. Intanto stringe importanti legami con i pittori Nabis (Édouard Vuillard, Maurice Denis e Pierre Bonnard) che sfoceranno in incessanti collaborazioni. Con questo bagaglio formativo Lugnè-Poe fonda nel 1892 il Théâtre de l’Oeuvre, con la collaborazione di Vuillard e Camille Mauclaire.


Estetica del Théâtre de l’Oeuvre di Lugné-Poe.

Il primo periodo di attività del Théâtre de l’Oeuvre fu di netto stampo simbolista: la scenografia, che non aveva alcuno scopo mimetico, era caratterizzata da fondali dipinti antirealistici, astratti ed evocativi. La loro funzione non era quella di riprodurre una parte di realtà ma di evocare l’atmosfera del dramma. Le scene erano opera dei pittori Nabis che si occupavano anche della grafica dei programmi di sala.

Nelle messinscene del Théâtre de l’Oeuvre Lugnè-Poe era alla continua ricerca di una sorta di indeterminatezza onirica e di smaterializzazione sia attraverso l’uso del velario di garza di Paul Fort, sia attraverso l’uso dell’innovativo palcoscenico inclinato.

Anche la recitazione tende a sottrarre materialità e a non esprimere emozioni attraverso l’immedesimazione dell’attore nel personaggio: l’attore ha un atteggiamento ieratico, quasi da sacerdote, la dizione è cantinelante, salmodiante, i movimenti sono lenti, sospesi, solenni. Questa smaterializzazione è resa anche attraverso l’austerità della scena, povera di arredi e costumi.

Secondo Lugnè-Poe sia l’attore che il pittore dovevano relegarsi in una posizione secondaria per far risaltare il valore poetico del testo secondo il motto: “La parola crea la scena”.


Il repertorio.

I drammi messi in scena da Lugné-Poe testimoniano una tendenza abbastanza diversificata riguardo le scelte di repertorio: accanto a drammi di autori simbolisti per eccellenza come Maeterlinck (il debutto avvenne proprio con il suo Pelleas et Melisande), Lugnè-Poe dà voce anche ad autori impegnati sul piano socio-politico (accanto a Ibsen si propongono drammi di Hauptmann, Praga e Pinero). Questa diversificazione arrivò anche ad abbracciare la “pantomima clownesca”, un teatro di ombre e di marionette in cui il riso era accompagnato dall’orrore.


L’Ubu re di Alfred Jarry.

Uno spettacolo d’eccezione fu l’Ubu re di Alfred Jarry, andato in scena nel 1896. Non si tratta di un dramma, ma di uno spettacolo nato come testo per marionette e trasformato da Lugné-Poe in una pantomima grottesca.

La scena sfidava ogni convenzione tradizionale, mostrando contemporaneamente interni ed esterni, zone torride e artiche andando oltre il simbolismo finora sperimentato nel Théâtre de l’Oeuvre. Lo spazio era organizzato secondo uno stile infantile in cui un caminetto, per esempio, fungeva anche da porta di ingresso per gli attori. In scena erano presenti dei manichini in costume. Vi era un continuo riferimento alla Commedia dell’Arte.

Si tratto di un esperimento unico nella storia del Théâtre de l’Oeuvre che lascia gli spettatori confusi e arrabbiati. Lugné-Poe si allontanò in seguito dal simbolismo (a partire dal 1898) ma i suoi esperimenti troveranno seguito nel lavoro dei cosiddetti “riteatralizzatori” e del movimento surrealista.

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