A questo punto il nostro discorso sul simbolismo come forma alternativa rispetto al naturalismo non può che considerare il lavoro del grande Vsevolod Mejerchol’d. Abbiamo già incontrato il suo nome in un articolo dedicato alla sua tragica morte per mano del regime stalinista e in riferimento alle sperimentazioni di Stanislavskij. Mejerchol’d è ricordato soprattutto per la sua famosa teoria della biomeccanica elaborata nel secondo periodo della sua carriera, quella in cui è vicino alle idee costruttiviste. Il periodo che ci interessa in questo articolo è invece quello che va dal 1905 al 1908, un periodo più prettamente simbolista per Vsevolod Mejerchol’d, impegnato in esperimenti di “teatro della convenzione”.
Dopo esperienze dilettantistiche e dopo essersi diplomato alla scuola d’arte drammatica della Società Filarmonica moscovita diretta da Nemirovič-Dančenko, Vsevolod Mejerchol’d entra a far parte del nascente Teatro d’Arte di Mosca nel 1898. Il suo interesse verso la messinscena naturalista si spegne presto e, anche a causa di contrasti con Stanislavskij, lascia il Teatro d’Arte nel 1902. In questo momento inizia a sperimentare testi di tipo simbolista girando per i teatri di provincia.
Ma la vera occasione per sperimentare le sue prime idee sul teatro gli viene offerta proprio da Stanislavskij che nel 1905 lo chiama per dirigere un Teatro Studio in seno al Teatro d’Arte. Le motivazioni di questa scelta sono già state spiegate in questo post.
Mejerchol’d riceve da Stanislavskij una buona disponibilità di fondi e di materia prima (attori, scenografi e musicisti) e progetta l’allestimento di diversi spettacoli, ma quello che viene ricordato maggiormente è La morte di Tintagiles di Maurice Maeterlinck, drammaturgo simbolista. Come è noto Stanislavskij non restò soddisfatto del lavoro di Mejerchol’d e la compagnia viene sciolta. Mejerchol’d torna in provincia ma continua a sperimentare grazie all’attrice Vera Komissarževskaia che gli affida la direzione del suo Teatro drammatico di Pietroburgo. Qui Mejerchol’d riesce a realizzare le sue messinscena simboliste, si ricorda in particolare l’Hedda Gabler di Ibsen, nel Novembre del 1906.
Le ricerche di Mejerchol’d andavano apertamente in contrasto con il naturalismo del Teatro d’Arte e prendevano la direzione di un “teatro della convenzione”. Vediamo che vuol dire.
Il simbolismo di Mejerchol’d contro il naturalismo. Il “teatro della convenzione”.
Parlando del teatro naturalista, da Antoine a Stanislavskij, abbiamo sempre sottolineato l’influenza che la compagnia dei Meininger ebbe sul lavoro di questi uomini di teatro. Mejerchol’d sottolinea invece le conseguenze deleterie dell’entusiasmo per i Meininger.
C’è un aspetto molto interessante nella critica che Mejerchol’d muove contro il naturalismo: riteneva negativo il fatto che il naturalismo precludesse la partecipazione attiva dello spettatore. La riproduzione fedele e ossessiva del reale spinge a riempire la scena di dettagli scenografici e a rendere una realtà chiusa in se stessa, ben determinata e finita. Mejerchol’d richiama invece la necessità dell’indefinito che spinge lo spettatore a completare ciò che vede con la propria fantasia. Ecco cosa si legge nel suo articolo Il teatro naturalista e il teatro d’atmosfera (Sul teatro, 1913):
“Il teatro naturalista, evidentemente, nega allo spettatore la capacità di completare il disegno e di sognare come quando si ascolta la musica.”
Mejerchol’d incolpa il naturalismo di aver paura del mistero, di tendere a mostrare tutto, a mostrare troppo, non tenendo conto del principio che in arte non bisogna introdurre nulla di superfluo.
Per spiegare meglio il suo pensiero riporta le famose parole di Anton Cechov:
“Il teatro è arte. Kramskoi ha un quadro di genere in cui sono raffigurati dei volti in maniera meravigliosa. Che cosa accadrebbe se si tagliasse il naso dipinto a uno dei volti e lo si sostituisse con uno vero? Il naso sarebbe realistico, ma il quadro sarebbe rovinato”.
Che cosa si intende poi per “teatro della convenzione”? Come è noto il teatro è colmo di convenzioni. Una convenzione è un patto fatto con lo spettatore: gli si chiede di accettare alcune regole. È una convenzione per esempio che se un attore dice una battuta tra sé e sé (gli a parte), gli altri personaggi non sentono ciò che dice, ma gli attori si. Il pubblico diciamo che fa finta che non lo sentano. Il fatto stesso di essere in un teatro è una convenzione: il pubblico deve di volta in volta far finta di trovarsi in un altro luogo. Il teatro naturalista tende a nascondere le convenzioni, a far finta che non esistano, a illudere lo spettatore che il teatro non ci sia, che quello che si sta svolgendo sia un pezzo di vita vera che accade lì e in quel preciso istante.
Il “teatro della convenzione” è invece un teatro che si libera del bisogno di dover nascondere, si semplifica, accetta e sfrutta l’artificialità dell’evento teatrale. Lo spettatore non deve dimenticare di trovarsi di fronte ad un attore che recita. L’attore viene liberato dalla scenografia e da ogni oggetto superfluo e la messinscena è così semplice da poter scendere in strada. Il teatro della convenzione è libero da ogni bisogno di illudere uno spettatore che viene invece chiamato a svolgere un ruolo attivo.
Queste sono in breve le basi del lavoro di Mejerchol’d in questo primo periodo. Vediamo ora come mise in pratica il suo pensiero nel Teatro Studio del 1905 e in seguito nel Teatro Drammatico della Komissarževskaia.
Caratteristiche del teatro simbolista di Mejerchol’d.
Le caratteristiche fondamentali del lavoro di Mejerchol’d si possono cosi schematizzare:
Stilizzazione: la messinscena deve sintetizzare l’atmosfera, l’essenza di un periodo. Si usa quindi un fondale dipinto, pochissimi oggetti di scena e una recitazione che si libera di ogni psicologismo per divenire puro ritmo.
Immobilità: Mejerchol’d auspica un teatro statico che “non si rivela nel massimo sviluppo della azione drammatica e nelle grida strazianti ma, al contrario, nella forma più tranquilla, statica, immobile, e nella parola pronunciata a bassa voce”. Movimenti limitati, quindi, che rifiutano il superfluo e si affidano alle pause, ai silenzi, al non detto.
Bidimensionalità: il palcoscenico è poco profondo, ridotto ad una striscia di proscenio. Gli attori, spogli della loro tridimensionalità, sono ridotti a bassorilievi e agiscono come segni grafici sul fondale dipinto. Perdono di consistenza, quindi di materialità.
Movimento come ritmo: i movimenti e i gesti degli attori non devono rappresentare stati d’animo o psicologici del personaggio. Il movimento per Mejerchol’d è ritmo, come nella danza. Il gesto viene poi reso eloquente e estremamente significativo.
Pur mantenendo la stilizzazione, a partire dagli inizi del 1907, Mejerchold abbandona la bidimensionalità e nella messinscena della Vita dell’uomo di Andrèev, sfrutta il palcoscenico in tutta la sua profondità e utilizza la luce come elemento espressivo.
Verso altre strade.
Con l’abbandono della tridimensionalità il lavoro di Mejerchol’d inizia ad allontanarsi dal simbolismo e si avvicina progressivamente ad altre esperienze e fonti di illuminazioni artistiche. In questo periodo (Dicembre del 1906) Mejerchol’d mette in scena La Baracca dei saltimbanchi di Blok e se da un lato è il momento di maggiore espressione del teatro della convenzione (sul palcoscenico è posto un teatrino in cui si vedono le funi e i verricelli) dall’altro segna il percorso futuro che sarà caratterizzato da un forte interesse per la Commedia dell’Arte.
Quando nel 1908 termina il sodalizio con la Komissarževskaia, si chiude anche il periodo simbolista di Mejerchol’d e si apre la strada che lo porterà alle esperienze e alle pratiche più importanti per il grande regista: il costruttivismo e la biomeccanica.
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Grazieee!!!!
RispondiEliminasto facendo una tesi sul novecento russo, e in particolare proprio su Mejerchol'd e proprio non riuscivo a capire cosa si intendesse precisamente per "Teatro della convenzione". Sei stato chiarissimo.
Francesca
Grazie per la tua disponibilità di notizie sul teatro biomeccanico.
RispondiEliminaChiaro. Grazie
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