Nell’articolo precedente abbiamo visto come
Molière sia stato un autore che ha attraversato non pochi problemi di censura a
causa delle sue opere e abbiamo affrontato il caso de La scuola delle mogli. Vediamo ora come l’ostilità nei suoi
confronti si manifestò pienamente nel caso di una delle sue opere più famose: Il Tartufo.
Il Tartufo
è forse l’opera a cui Molière ha tenuto di più se si considera la fatica e
l’ostinazione con cui ha combattuto per farla rappresentare e il sacrificio che
è stato disposto a fare pur di liberala dalla censura: mi riferisco al
“silenzio del Don Giovanni”. Dopo il
successo ottenuto a partire dalla prima rappresentazione del 15 febbraio del
1665 il Don Giovanni è praticamente scomparso dalle scene. Dopo la consueta
interruzione pasquale, l’opera non fu più ripresa. Si è trattato probabilmente
dell’accettazione di un compromesso: far sparire il Don Giovanni intravedendo la possibilità di buone nuove per il Tartufo.
La messa in scena del Tartufo avvenne il 12 maggio 1664 e suscitò l’avversione del
partito devoto di corte che faceva capo ad Anna d’Austria e aveva come
personaggio di spicco l’arcivescovo di Parigi Hardouin De Perefixe, ex
precettore del re. Si unì al coro la Compagnia del Santo Sacramento, una
confraternita segreta che si proponeva la difesa della religione e dei buoni
costumi tanto da spingersi ad invocare per Molière il rogo, vista la sua natura
diabolica.
La colpa di Molière non era tanto quella di
aver offeso la religione (c’erano altre commedie che lo avevano fatto senza
suscitare scalpore) ma di aver colpito i devoti. In particolare era
insopportabile il fatto che l’ipocrita, protagonista del Tartufo, non si distinguesse affatto da un vero devoto. Il Tartufo è un uomo che all’apparenza
non ha nulla di diverso da un santissimo uomo ma che poi si rivela un
grandissimo imbroglione. Questo aspetto non andava giù ai vertici religiosi ed
ecco cosa si legge nelle Osservazioni
sopra una commedia di Molière, una
invettiva velenosa contro Molière di autore anonimo, scritta all’epoca del Don Giovanni:
[Molière]
ha scritto Tartufo e ha voluto
rendere ridicolo e ipocrita ogni uomo di fede; ha pensato di non poter
difendere le sue massime se non facendo la satira di coloro che potevano
condannarle. Non spetta certo a Molière parlare di devozione; con essa ha
scarsa dimestichezza, non avendola mai conosciuta né in pratica né in teoria.
L’ipocrita e il devoto hanno la stessa apparenza, per il pubblico sono la
stessa cosa.
Dopo
l’interdizione del Tartufo la
compagnia si ritrovò scoperta nel cartellone e per sopperire alla lacuna creata
nel repertorio Molière dovette imbastire in breve un’altra commedia di
successo, che funga anche da risposta agli attacchi ricevuti. Il 15 febbraio
1665 il Palais-Royal rappresenta Don
Giovanni o il convitato di pietra.
Nel
prossimo articolo tratteremo in modo più approfondito il caso del Don Giovanni
e come Molière sgomitò non poco per riportare alla luce il suo Tartufo.
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