lunedì 27 aprile 2009

La vita di Konstantin Stanislavskij (Seconda parte). Il Teatro d’arte di Mosca, le sperimentazioni e il Sistema.

Nel continuare questa storia di Stanislavskij (nella prima parte mi ero fermato all’incontro con Dancenko) affronterò  il primo periodo più strettamente naturalista del Teatro d’Arte, le sperimentazioni di Stanislavskij e la nascita del suo famoso Sistema. Cercherò il più possibile di evidenziare le sue forti tendenze alla sperimentazione con l’intenzione di abbattere i luoghi comuni che circondano la sua figura e che dipingono uno Stanislavskij unicamente attento al naturalismo e allo psicologismo.

 

Naturalismo.

Il primo spettacolo del Teatro d’arte di Mosca avvenne il 14 ottobre del 1898 e si trattò di Zar Fëdor Ioannovic di Tolstoj. Si trattò di un grande inizio: lo spettacolo suscitò grande meraviglia grazie alla precisione della ricostruzione scenica. Questo primissimo periodo è infatti fortemente influenzato dal naturalismo dei Meiningen che Stanislavskij aveva visto nella loro seconda tournée a Mosca nel 1890. Per questo spettacolo Stanislavskij consultò annali, incisioni, libri, visitò rigattieri per cercare oggetti, ricami e ornamenti. Tutto doveva servire ad una ricostruzione storica completa. Questa forte tendenza all’oggettività e al realismo lo portarono a visitare i quartieri malfamati per mettere in scena Bassifondi di Gor’kij, a recarsi nel governo di Tula per La potenza delle tenebre di Tolstoj in cui fu usato del fango vero nella messa in scena. Trovate del genere rischiavano però di risultare bizzarre.

Anton Cechov fu uno di quelli che meno sopportavano le invasioni di rumori e oggetti nelle scene del teatro d’Arte. A partire dalla famigerata messa in scena del suo Gabbiano, del 17 dicembre del 1898, Anton Cechov divenne il drammaturgo simbolo del Teatro d’Arte. Qui bisogna dare il merito di tutto anche a Dancenko: fu lui che lottò contro le perplessità di Stanislavskij per mettere in scena Il Gabbiano. D’altra parte fu la geniale regia di Stanislavskij a decretare il successo dell’opera che era già stata messa in scena a teatro Aleksandrinskij, riscuotendo un notevole fiasco. Nelle sue note di regia Stanislavskij aveva creato un fitto ricamo di suoni, di rumori e aveva fornito la scena di numerosi oggetti che interagivano con gli attori in un perfetto connubio tra corpo umano e scenografia. Riuscire a tradurre l’atmosfera delle opere di Cechov era un impresa ardua per il vecchio teatro. Questa nuova drammaturgia richiedeva un nuovo teatro e il lavoro di Stanislavskij e Dancenko riuscì dove altri avevano fallito.

 

Periodo simbolista.

Cechov morì nel 1904, dopo aver scritto altri tre drammi (Zio Vanja, Tre sorelle e Il giardino dei ciliegi ). La sua morte colpì il Teatro d’Arte all’apice del successo e fu un duro colpo sia umano che professionale.   Stanislavskij fu preso da un forte bisogno di trovare nuove strade. Creò cosi un teatro-studio di sperimentazione e lo affidò a Mejerchol’d, un attore che aveva recitato nei primissimi spettacoli  del teatro d’Arte ma che nel 1902 aveva abbandonato la compagnia. Lo studio inizio l’attività nella primavera del 1905 e fu davvero importante per lo sviluppo delle idee di Mejerchol’d in favore di un teatro antinaturalistico che prese poi il nome di “teatro della convenzione”. Ma le sperimentazioni di Mejerchol’d non convinsero Stanislavskij e il lavoro non andò oltre la prova generale de La mort de Tintagiles del drammaturgo simbolista Maeterlinck.

Nonostante tutto questi esperimenti lasciarono il segno e a partire da quel periodo anche lo stesso Stanislavskij iniziò a sfruttare procedimenti antinaturalistici tipici del simbolismo di Mejerchol’d: figure disposte come fossero bassorilievi (senza la profondità della terza dimensione), immobilità, ombre cinesi, camere oscure. Stanislavskij unì la sua forte sensibilità verso gli aspetti psicologici agli stratagemmi, ai trucchi del teatro irreale e persino metafisico. Tanto per fare un esempio fece uso del principio “nero su nero scompare”: delle comparse vestite di nero portavano dei bastoni neri su uno sfondo di velluto nero; all’apice dei bastoni venivano raffigurati dei pianeti lucenti che sembravano volteggiare sulla scena.

Questa vena simbolista fu però frenata dalle consuetudini del Teatro d’Arte che era ormai legato in modo indissolubile alla sua prima e incredibile stagione naturalista. Si creò a questo punto una frattura tra la compagnia e le tendenze sperimentali di Stanislavskij e i rapporti con Dancenko iniziarono a deteriorarsi. La delusione causata dal fallimento del teatro-studio lo portarono ad un ripensamento radicale del suo essere regista: sconfessò la sua precedente idea di regista-despota che pianifica tutto in anticipo e usa gli attori come marionette e iniziò a riflettere proprio sul mestiere dell’attore che da passivo esecutore diventò creatore. Iniziò a porre le basi del suo famoso Sistema (che sarà oggetto di un articolo a parte).

Stanislavskij iniziò a proporre spettacoli simbolisti come L’uccellino azzurro di Maeterlinck nel 1908 e nel 1909 Un mese in campagna di Turgenev. Agli attori venivano insegnati i principi base del Sistema, il piano di regia non era più così dettagliato come prima e le scenografie divennero stilizzate e spoglie. Gli spettacoli ebbero successo e Dancenko sembrò rivalutare la nuova via intrapresa da Stanislavskij. Ma fu solo una pace momentanea: ormai la spaccatura non era facile da rimarginare anche perché Stanislavskij iniziò ad allontanarsi dal Teatro d’Arte per dedicarsi meglio alla sua attività teorica e a sviluppare il Sistema.

 

L’attività pedagogica.

Stanislavskij iniziò ad insegnare agli attori i principi del suo Sistema e creò un primo studio nel 1912 con il suo collaboratore Suleržickij. Le esigenze della messa in scena passarono in secondo piano per una maggiore concentrazione sulla sperimentazione e lo studio, sono i principi fondamentali di un laboratorio. Il senso di tale lavoro non sta infatti nello spettacolo finale ma in tutto il percorso di ricerca e nelle cose che si imparano. Ci furono altri tre “studi” nel 1913, nel 1916 e nel 1920 (sorto in realtà nel 1914 ma inserito nell’ambito del Teatro d’Arte nel 1920). Alla base di questi laboratori c’è sempre il Sistema di Stanislavskij. Da queste esperienze vennero fuori attori importanti tra i quali è importante ricordare: il regista Evgenij Vachtangov e Michail Cechov, nipote dello scrittore.

Stanislavskij applicava i principi del suo sistema anche sul proprio lavoro di attore e nel 1917 avvenne la rottura definitiva con Dancenko: Stanislavkij doveva recitare nel Villaggio di Stepančicovo, da Dostoevskij, e non riescì a dar vita al personaggio perché perse troppo tempo negli esercizi preliminari. Dancenko decise così di sostituirlo. La carriera di attore è praticamente finita perché non reciterà più personaggi nuovi limitandosi solo ai suoi “cavalli di battaglia”.

 

Dopo la rivoluzione.

Nel 1917 scoppiò la rivoluzione ma il Teatro d’Arte continuò la sua attività e nel 1922-1924 intraprese una trionfale tournée in Europa e negli Stati Uniti durante la quale Stanislavskij diede alle stampe la sua autobiografia: La mia vita nell’arte (1924).

Nel 1928 il Teatro d’arte festeggiò il trentennale della sua fondazione riproponendo i migliori successi. Durante Tre sorelle Stanislavskij ebbe un infarto che lo costrinse a smettere del tutto di recitare, continuando però l’attività di regista, insegnante e teorico del teatro. In particolare insegnò allo Studio d’arte drammatica del Bol’šoj, fondato nel 1918 e riservato solo ai cantanti lirici. Iniziò la stesura dei volumi fondamentali che raccolgono il suo Sistema: Il lavoro dell’attore su se stesso e Il lavoro dell’attore sul personaggio.

Quando morì, nel 1938, lasciò incompiuta una regia per il Rigoletto (nell’ultimo periodo la sua attenzione si spostò verso la lirica) e una sua esplicita volontà che designava il suo vecchio allievo Mejerchol’d come futura guida dello Studio del Bol’šoj, che intanto era diventato studio Stanislavskij. Fu un gesto generoso verso un artista caduto in disgrazia a causa del regime. Ma non servì a nulla: Mejerchol’d fu fucilato due anni dopo.

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